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Mittente:
bukowski
Re: traduzione urgente   stampa
Data:
18/03/2004 16.38.58




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Lucano, Farsaglia, I, vv. 1-52

Bella per Emathios plus quam ciuilia campos
iusque datum sceleri canimus, populumque potentem
in sua uictrici conuersum uiscera dextra
cognatasque acies, et rupto foedere regni
certatum totis concussi uiribus orbis 5
in commune nefas, infestisque obuia signis
signa, pares aquilas et pila minantia pilis.
quis furor, o ciues, quae tanta licentia ferri?
gentibus inuisis Latium praebere cruorem
cumque superba foret Babylon spolianda tropaeis 10
Ausoniis umbraque erraret Crassus inulta
bella geri placuit nullos habitura triumphos?
heu, quantum terrae potuit pelagique parari
hoc quem ciuiles hauserunt sanguine dextrae,
unde uenit Titan et nox ubi sidera condit 15
quaque dies medius flagrantibus aestuat horis
et qua bruma rigens ac nescia uere remitti
astringit Scythico glacialem frigore pontum!
sub iuga iam Seres, iam barbarus isset Araxes
et gens siqua iacet nascenti conscia Nilo. 20
tum, si tantus amor belli tibi, Roma, nefandi,
totum sub Latias leges cum miseris orbem,
in te uerte manus: nondum tibi defuit hostis.
at nunc semirutis pendent quod moenia tectis
urbibus Italiae lapsisque ingentia muris 25
saxa iacent nulloque domus custode tenentur
rarus et antiquis habitator in urbibus errat,
horrida quod dumis multosque inarata per annos
Hesperia est desuntque manus poscentibus aruis,
non tu, Pyrrhe ferox, nec tantis cladibus auctor 30
Poenus erit: nulli penitus descendere ferro
contigit; alta sedent ciuilis uolnera dextrae.
quod si non aliam uenturo fata Neroni
inuenere uiam magnoque aeterna parantur
regna deis caelumque suo seruire Tonanti 35
non nisi saeuorum potuit post bella gigantum,
iam nihil, o superi, querimur; scelera ipsa nefasque
hac mercede placent. diros Pharsalia campos
inpleat et Poeni saturentur sanguine manes,
ultima funesta concurrant proelia Munda, 40
his, Caesar, Perusina fames Mutinaeque labores
accedant fatis et quas premit aspera classes
Leucas et ardenti seruilia bella sub Aetna,
multum Roma tamen debet ciuilibus armis
quod tibi res acta est. te, cum statione peracta 45
astra petes serus, praelati regia caeli
excipiet gaudente polo: seu sceptra tenere
seu te flammigeros Phoebi conscendere currus
telluremque nihil mutato sole timentem
igne uago lustrare iuuet, tibi numine ab omni 50
cedetur, iurisque tui natura relinquet
quis deus esse uelis, ubi regnum ponere mundi.

Cantiamo guerre pi? atroci di quelle civili, combattute sui campi d'Emazia, e il delitto divenuto legalit? e un popolo potente che si ? rivolto contro le sue stesse viscere con la destra vittoriosa e i contrapposti eserciti appartenenti allo stesso sangue e - infranto il patto della tirannia - tutte le energie del mondo sconvolto che lottano per un comune misfatto e le insegne che vanno contro quelle avversarie e le aquile contrarie alle aquile e i giavellotti minacciosi contro i giavellotti.
Quale follia, o cittadini, quale sfrenato abuso delle armi offrire il sangue latino alle genti nemiche? Mentre si sarebbero dovuti strappare alla superba Babilonia i trofei italici e mentre l'ombra di Crasso continuava ad errare invendicata, si decise di intraprendere guerre che non avrebbero avuto alcun trionfo? Oh, con il sangue che venne versato nei conflitti civili quanto spazio in terra e in mare si sarebbe potuto conquistare, l? donde sorge il sole, dove la notte occulta gli astri, dove il mezzogiorno arde di ore infuocate, dove il rigido inverno, incapace di sciogliere il suo freddo anche in primavera, stringe il mare glaciale con freddo scitico: sarebbero gi? stati sottomessi i Seri, il barbaro Arasse e la popolazione, se esiste, che conosce le sorgenti del Nilo! Allora, o Roma, se brami tanto una guerra empia - una volta che avrai sottomesso l'orbe intero alle leggi latine - rivolgi la mano contro te stessa: fino ad ora non ti sono mancati i nemici. Ma adesso - del fatto che, nelle citt? d'Italia, le mura delle case diroccate minacciano di cadere e, crollate le pareti, grandi massi giacciono a terra e non c'? pi? alcuno che custodisca le abitazioni e soltanto qualche raro abitante vaga per le antiche citt? e, ancora, del fatto che l'Esperia sia irta di rovi, senza che l'aratro, per molti anni, abbia lavorato e che mancano le braccia per i campi che le richiedono - di cos? grandi sciagure non sei responsabile n? tu, o feroce Pirro, n? il Cartaginese: a nessuno ? toccato in sorte di penetrare cos? internamente con il ferro: le ferite inferte dalla guerra civile sono le pi? profonde e inguaribili.
Se poi i fati non hanno trovato altro mezzo per l'avvento di Nerone e a caro prezzo si apprestano gli eterni regni per gli d?i e il cielo pot? servire al suo Tonante solo dopo le guerre combattute contro i crudeli Giganti, noi, o numi, non ci lamentiamo pi? ormai: approviamo questi nefandi delitti, se essi hanno avuto tali conseguenze: Fars?lo sommerga di sangue i campi maledetti e se ne sazino i Mani cartaginesi, gli estremi combattimenti abbiano luogo nella funesta Munda, a questi tristi destini si aggiungano, o Cesare, la fame di Perugia e il travaglio di Modena e le flotte che si trovano sotto la rocciosa L?ucade e le guerre servili sotto l'Etna infuocato: purtuttavia Roma deve molto ai conflitti civili, dal momento che tutto ci? si ? realizzato per te. Te - allorquando, completato il periodo del tuo soggiorno terreno, salirai, il pi? tardi possibile, verso gli astri - accoglier? la reggia del cielo, che avrai scelto, fra il tripudio dell'universo: sia che ti piaccia impugnare lo scettro sia che tu voglia montare sul carro fiammeggiante di Febo e percorrere con il fuoco errante la terra che non avr? timore del nuovo sole, ogni nume si ritirer? dinanzi a te e la natura ti lascer? il diritto di decidere qual dio vorrai essere e dove collocare il tuo regno sull'universo.

Fonte: www.bibliomania.it
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