Data:
13/04/2004 21.31.50
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Livio, Storia di Roma, XXIII, 47 passim adattata
Taurea era, di gran lunga, il pi? forte cavaliere campano [lett. di tutti i Campani], tanto che [adeo ut] (c?era) un solo romano, Claudio Asello, (che) riuscisse ad eguagliarlo [lett. eguagliava] in quanto a gloria equestre. Taurea, avendo a lungo frugato con gli occhi gli squadroni romani, davanti le mura di Capua, chiese alla fine dove fosse C. Asellio, perch? non decidere (la questione del primato) con la spada, perch? non concedere (una volta) sconfitto le spoglie opime o (qualora invece fosse riuscito) vincitore, carpirle [suppongo: ?caperet?] (al vinto). Appena [ubi] tali parole furono riferite ad Asello, nell?accampamento, costui chiese permesso [percontatus est liceretne] al console di combattere, fuori dai ranghi [extra ordinem], contro il nemico che (lo) provocava. Col permesso del console [eius], subito prese le armi, si fiond? a cavallo oltre i posti di guardia e chiam? per nome Taurea, intimandogli di farsi avanti per il combattimento. Al che, il (cavaliere) campano ribatt? al romano: ?Questo sar? uno scontro di cavalli, non di cavalieri, se non spingiamo i cavalli dal campo aperto verso questa strada incassata?. Pronunciate che furono quelle parole, subito Claudio spron? il cavallo verso (quel)la strada, (ma) Taurea ? pi? spavaldo [ferocior] a parole che nei fatti ? disse: ?Non getter? la rozza [cantherium = cavallo da fatica] in un fosso [espressione poi divenuta proverbiale, col significato di ?non faccio spropositi?]?. Claudio, facendosi beffe della vilt? del nemico, ritorn? nell?accampamento da vincitore, con grande manifestazione di gioia e congratulazione (da parte dei suoi commilitoni).
Trad. Bukowski
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