LETTERATURA torna alla homepage
PRECICERONIANA CICERONIANA AUGUSTEA IMPERIALE RISORSE
     
Ovidio


  Cerca







ARS MILITARIS

--- la disciplina militare romana ---


ORGANIZZAZIONE DELLA LEGIONE


La legione fu l'armata romana sin dai tempi di Romolo. Egli divise divise il popolo in tre tribù: Titis, Ramnes e Luceres. Ogni tribù doveva fornire 1.000 fanti, divisi in 10 centurie (gruppi di 100 soldati), e 100 cavalieri, per cui la prima legione romulea era composta da 3.000 fanti e 300 cavalieri. I 3.000 fanti erano comandati da 3 Tribuni miltum; i 300 cavalieri da 3 Tribuni celerum (il termine celeres [veloci] è rapportato alla velocità delle loro azioni).

Nella Legione, ogni singolo soldato, aveva uno specifico compito all'interno della stessa: vi erano carpentieri, fabbri, muratori, specialisti nella costruzione di ponti, di rifornimenti. Ogni singolo soldato era consapevole del fatto che la sua stessa sopravvivenza dipendeva dal compimento preciso della funzione che gli era stata assegnata. L'organizzazione all'interno della Legione era garantita da un efficiente suddivisione gerarchica. Polibio nell Storie - Libro VI 24,25,26 da una perfetta descrizione di come si svolgessero le elezioni all'interno delle legioni e della vita di tutti i giorni.

STRUTTURA

CAVALLERIA

Essa era inquadrata da Centurioni i quali erano assistiti da diversi graduati:
- nexillarius (portastendardo)
- tesserarius (responsabile della parola d'ordine)
- optio
- pollio.
Per le esercitazioni ci si affidava al Magister Campi, il maestro del terreno di manovra, all'Exercitator, ovvero il responsabile, ed all'istruttore, il Discens. La cura dei cavalli era affidata ad un palafreniere, il Mulio, ed a un veterinario, il Pequarius. Vi era infine un tribuno, il Sexmentris (chiamato cosi' poiché restava in carica sei mesi), il quale comandava la cavalleria sul campo di battaglia.

ARTIGLIERIA
Il corpo di Artiglieria (Ballistarii) era formato dai Doctores Ballistarum, gli esperti, i quali sono all'ordine dei Libratores, i capi del corpo..

FANTERIA
Resta comunque la Fanteria l'arma principale dell'esercito romano: essa permetteva soprattutto di mettere in campo una moltitudine di uomini e con una eccezionale facilità di manovrabilità

L'EVOLUZIONE DEL LEGIONARIO


All'inizio il legionario si procurava da solo l'equipaggiamento e le armi offensive e difensive erano molto simili a quelle degli opliti greci, anche se i Romani combattevano in formazioni meno chiuse. Le prime battaglie che i Romani intrapresero contro gli Italici presentano un fattore comune, dagli storiografi viene sottolineato il valore del soldato, non la strategia; questa non deve sembrare una celebrazione della potenza romana, tutt'altro: non essendo la tattica a caratterizzare queste battaglie, dobbiamo pensare a dei legionari che pur in gruppo, alla fine combattono l'uno a molta distanza dall'altro.

Con le successive riforme e la creazione delle tre linee caratteristiche della legione consolare ogni legionario di un preciso schieramento ha una sua arma e un preciso momento in cui prendere parte al combattimento (i veliti cominciano lanciando dei sottili giavellotti, seguono gli hastati e dopo questi i principes e, solo se le cose si mettono male, i triarii). Inoltre viene scelto molto più con attenzione il luogo dello scontro poichè le manovre sono molto difficili con questi schieramenti che pur essendo molto innovativi, sono ancora molto rigidi. Da qui in poi il valore non è più l'unica componente fondamentale dei Romani, comincia ad essere più importante la tattica.

Anche se Roma dette prova di intendersi benissimo di strategia (come dimostrò durante le guerre sannitiche), non era ancora esperta nella tattica, ma diventò insuperabile anche in questa grazie solo alle terribili sconfitte infertegli da Pirro e Annibale.

Roma cambiava l'armamento a seconda dell'avvesrsario, la tattica a seconda della situazione. Se infatti gli elmi dei Galli influenzarono la produzione di questi in epoca imperiale, l'evoluzione del legionario può essere intesa benissimo dagli scudi che questo utilizzò nei secoli. I primi scudi erano quelli che utilizzavano ache i Greci e gli Etruschi, erano scudi tondi e molto pesanti che coprivano abbastanza bene il busto, ma erano comunque poco maneggevoli.

Altra cosa molto importante fu la riforma di Mario, grazie alla quale ogni legionario possedeva lo stesso equipaggiamento. In seguito furono adottati degli scudi più snelli e leggeri che riuscivano a coprire il corpo dalle spalle fino a poco sopra le ginocchia.

Questi scudi si rivelarono inadatti nel caso in cui si affrontava un esercito simile a quello dei Parti (a farne le spese fu Crasso). I Parti infatti adottavano bene o male la stessa tattica dei Persiani contro i Greci (venivano scagliate numerose serie di frecce verso gli avversari e, quando questi erano ormai vicini e demoralizzati per le perdite causate dai dardi - ed erano molte! - la fanteria si lanciava all'attacco supportata dalla cavalleria), ma a differenza di questi disponevano di arcieri a cavallo, e di una cavalleria terribile. I poveri legionari di Crasso videro piombare su di loro queste frecce, ed i loro scudi non offrirono sufficiente protezione ai loro corpi, così la battaglia di Carre si rivelò una completa disfatta. Giulio Cesare, forse uno dei più abili strateghi di tutti i tempi, aveva intenzione di muover guerra ai Parti, ma come sappiamo bene fu ucciso (sarebbe stato molto interessante vedere se Cesare, non ostante l'armamento inadeguato, sarebbe riuscito a conquistare l'impero dei Parti).

Ma sapppiamo bene che i Romani sapevano rimediare ai loro errori, infatti durante l'epoca Giulio-Claudia fu introdotto uno scudo molto innovativo e funzionale. Era uno scudo di forma semicilindrica, meno pesante di quello precedente con un umbone più grande al centro; la sua forma gli permetteva di abbracciare completamente il corpo del legionario e grazie a questo scudo fu possibile eseguire una manovra famosissima: la testudo (testuggine - i legionari della prima fila tenevano lo scudo in posizione normale quelli dietro lo ponevano sulla testa di quelli che li precedevano, veniva a formarsi un rettangolo di cuoio, legno e metallo che non poteva essere sfondato da niente)

In seguito le modifiche apportate allo scudo ci hanno fatto capire i suoi difetti: era più debole agli angoli (per questo fu rinforzato con delle placche metalliche negli spigoli) e fu alleggerito ulteriormente asportando il rialzo metallico centrale che intersecava l'umbone e faceva da asse maggiore. Ora il legionario era perfetto, era addestrato ed armato come nessun altro, eppure vi fu un'ultima evoluzione (anche se assomiglia ad una involuzione). La cavalleria andava sempre più aumentando d'importanza nell'esercito, a discapito dei fanti. Probabilmente fu la barbarizzazione dell'esercito a produrre questi cambiamenti (i barbari impiegavano enormi squadre di cavalieri, che si rivelavano molto efficaci, ma chi può garantire che lo sarebbero state anche con i legionari di Cesare o Traiano?. L'armatura fu migliorata esclusivamente per i cavalieri (catafratti), i fanti invece usavano delle spade molto lunghe ed erano dotati di un'armatura molto leggera (la semplicità e la leggerezza sono conseguenze della più veloce creazione che richiedevano le pressanti invasioni dei barbari), alcune volte solo di una tunica e possiedono un elmo a coppa di fattura molto semplice ed abbastanza funzionale. Lo scudo è ovale, in tutto e per tutto simile a quello degli ausiliari dell'età precedente e presenta molte decorazioni pervenute a noi grazie al "Notitia dignitatum".

L'EVOLUZIONE DELLA LEGIONE

Non tutti inizialmente potevano arruolarsi nell'esercito: fabbri, fucinatori, macellai... potevano entrare nell'esercito, non potevano invece uccellatori, pasticceri o uccellatori. Svolgere servizio nell'esercito romano era il sogno di tanti all'epoca: divenire ausiliari significa venire in possesso, una volta terminata l'attività militare, della cittadinanza romana per sè e per tutti i discendenti e, cosa molto ambita, poter diventare legionario. Fare il legionario non era certo facile: anzitutto la recluta imparava a marciare, poi si allenava a combattere contro grossi pali infissi a terra con sagome in legno riproducenti un gladio e poi direttamente con le altre reclute con dei cuscinetti di cuoio applicati sulla punta del gladio. Verso la fine dell'allenamento le reclute imparavano a disporsi in formazioni.
Le armi principali dei Romani erano il pilum, lo scutum e il gladio. Il pilum era un giavellotto con una punta d'acciaio, essendo molto pesante la gittata era ridotta, ma era però capace di sfondare qualsiasi scudo o armatura; inoltre la punta era fissata con dei chiodini che all'impatto si spezzavano, cosicchè la punta rimaneva staccata dall'altra parte del giavellotto e rimanendo conficcata nello scudo ne rendeva impossibile l'uso, andando a finire nel corpo di un nemico rendeva difficile l'estrazione. Il pilum inoltre, essendo monouso, non poteva essere rilanciato dal nemico; ogni legionario ne aveva almeno due.

Le origini della legione romana.
La legione (legio da legere = scegliere, perché i soldati erano scelti nella leva militare) fu l'armata romana sin dai tempi di Romolo. Questi, secondo la tradizione, divise il popolo nelle tre tribù dei Tities, Ramnes e Luceres; ogni tribù doveva fornire 1.000 fanti, divisi in 10 centurie (gruppi di 100 uomini), e 100 cavalieri (1 centuria), per cui la primitiva legione romulea era costituita da 3.000 fanti e 300 cavalieri. I 3.000 fanti erano comandati da 3 tribuni milititum; i 300 cavalieri da 3 tribuni celerum; il termine celeres (veloci), con cui i più antichi cavalieri erano denominati, è rapportato alla celerità della loro azione.

Legione serviana.
Dopo la riforma di Servio Tullio, che divise i cittadini in 5 classi censitarie, basate sull'avere di ciascuno, per cui i più ricchi costituirono la prima classe e gli altri, proporzionalmente al censo, le altre quattro classi, la fanteria pesante dell'esercito romano venne formata dalle prime tre classi di censo. Le classi erano divise in un certo numero di centurie, di cui metà di iuniores (giovani), addetti alle armi, e metà di seniores (anziani), assegnati alla difesa della città. Gli iuniores delle prime tre classi dovevano procurarsi a proprie spese l'armamento di oplita offensivo e difensivo, comprendente, quali armi difensive, l'elmo di cuoio (galea), lo scudo rotondo di bronzo (clipeus), gli schinieri di bronzo (ocreae) e la corazza di bronzo (lorica); quali armi offensive, la lancia da urto (hasta) e la spada corta (gladius), atta a colpire di taglio e di punta. La prima classe doveva avere la completa armatura; la seconda e la terza classe, avendo, al posto del clipeus, lo scutum, un grande scudo rettangolare bombato di legno e cuoio con guarnizioni metalliche al centro e sui bordi, che proteggeva la persona dalle spalle ai piedi, facevano a meno della corazza, e la terza classe anche degli schinieri; la quarta classe non aveva armi di difesa, ma solo di offesa; la quinta classe aveva unicamente fionde (fundae) e proiettili di pietra (lapides missiles). Le centurie degli equites (cavalieri) furono portate a 18, con un effettivo di 1.800 cavalieri.
Con Servio Tullio venne introdotta la tattica oplitica, in base alla quale gli opliti, aventi la pesante armatura di bronzo, combattevano in schieramento serrato, falangitico, gli scudi a contatto l'uno con l'altro.

Legione consolare - Ordinamento per manipoli.
La creazione del consolato, all'inizio della repubblica, impose lo sdoppiamento della legione, per assegnare a ciascuno dei due consoli un'intera armata. Dalla legione unica dell'ordinamento serviano si passò alle due legioni consolari, non reclutando un maggior numero di uomini, ma raddoppiando i quadri, per cui ogni legione consolare mantenne 60 centurie di fanteria pesante, ma gli effettivi scesero a 3.000 soldati per legione. L'esercito romano composto di due legioni contava quindi 120 centurie e 6.000 fanti di linea. E questo perché la centuria della legione consolare non era più formata da 100 uomini, ma da un numero inferiore. In questo periodo (IV Sec. a.C.) venne abbandonata la lenta e poco manovrabile formazione falangitica del periodo precedente.
Le 60 centurie della legione si rivelarono tatticamente troppo deboli, per cui furono unite a due a due a costituire i manipoli, pur conservando il nome di centuria e rimanendo unità amministrative.
La legione ebbe 30 manipoli, distinti in 10 manipoli di hastati, 10 di principes, 10 di triarii; le centurie degli hastati e dei princeps comprendevano ciascuna 60 soldati (un manipolo 120), mentre le centurie dei triarii comprendevano 30 soldati (un manipolo 60).
Il numero dei cavalieri fu fissato a 300, divisi in 10 squadroni ciascuno di 30 uomini, suddivisi a loro volta in 3 decurie di 10 uomini ciascuna.
Non fu più il censo, ma l'età ad assegnare ai soldati il rispettivo posto: infatti i più giovani formavano la prima linea di hastati, gli uomini fatti la seconda linea di principes, i più anziani la terza linea di triarii.
Per quanto riguarda l'armamento, gli hastati, i principes ed i triarii avevano in comune un elmo di bronzo con pennacchio (crista) molto alto e diritto, formato da penne rosse o nere (spesso di allodola) o da una coda equina, la corazza a maglie di ferro o un pettorale di bronzo fissato ad un corsetto di cuoio, lo scutum al posto del clipeus e gli schinieri, che coprivano le gambe dal ginocchio in giù. Come armi offensive avevano in comune il gladius; oltre questo, gli hastati ed i principes avevano il pilum ed i triarii l'hasta. Ma dovette esserci senz'altro un tempo in cui gli hastati avevano l'asta, da cui deriva il loro nome; i triarii, detti anche pilani avevano il pilum; e i principes, cioè "i primi" erano schierati in prima linea. L'armamento dei triarii può essere ricondotto a quello della fanteria pesante della falange oplitica.
Probabilmente la gittata più corta del pilum in quanto giavellotto "pesante" era più adatta ai primi ranghi, così l'arma che forse i triarii usavano in precedenza è passata alle due file più avanti lasciando a questi solo il nominativo.
Gli armati alla leggera, i velites, portavano un piccolo scudo rotondo di legno (parma) ed un elmo di cuoio; e come armi offensive leggeri giavellotti (hastae velitares).
Inizialmente sulla terza linea erano disposti assieme ai triarii anche i rorarii e gli accensi, i primi giovani ed inesperti, gli altri poco affidabili. Questi altri due ordini rappresentavano un retaggio della quarta e della quinta fila della ormai abbandonata falange oplitica. Triarii, rorarii ed accensi erano organizzati in 3 manipoli di 180 uomini l'uno. Ciascun manipolo era chiamato ordo. Furio Camillo (il salvatore di Roma) secondo la tradizione, ma è più logico pensare che queste siano state delle modifiche fatte gradualmente col tempo, sostituì gli elmi di bronzo, troppo deboli per affrontare le lunghe spade dei barbari, con degli elmi di ferro molto levigati per deviare i colpi inferti su di essi. Sempre nel III secolo a.C. Roma dovette fronteggiare Pirro, re dell'Epiro ed abile stratega che mise notevolmente in difficoltà i Romani ancora dediti a volgere ai propri voleri la penisola italiaca. Con Pirro i Romani conobbero per la prima volta gli elefanti, destinati a farsi rivedere con Annibale, considerati erroneamente "buoi della Apulia". Pirro vinse numerose volte, sicuramente per abilità tattica visto che a Maleventum (l'odierna Benevento) perse così tanti uomini che la sua vittoria sembrò più una sconfitta, di qui il detto "Una vittoria di Pirro" per indicare una vittoria che sembra più una disfatta. Curioso è l'espediente che gli ingegnosi Romani adottarono contro gli elefanti: vista la facilità con la quale i pachidermi si spaventavano, essi cospargevano dei maiali di pece e, una volta dato fuoco al povero animale, lo dirigevano verso gli elefanti; inutile dire che funzionava...e bene.

Comandi.
Il supremo potere militare, l'imperium militiae, era de tenuto dai consoli, dai pretori e dal dittatore, quest'ultimo con un comandante in seconda, il magister equitum. In età imperiale sarà il principe ad avere il comando supremo, esercitato per mezzo di delegati, i legati Augusti, di rango e grado diverso in base all'importanza del dislocamento della legione.
Fra gli ufficiali la legione annoverava:
- 6 tribuni militum, di cui uno di rango senatorio, detto laticlavius, dall'ampia striscia di porpora (clavus) che orlava la sua tunica, e cinque di rango equestre, detti angusticlavi. Essi in coppia comandavano la legione per due mesi, tenendo il comando un giorno per uno o un mese per uno.
Il fatto dell'alternarsi del comando si rivelerà, assieme al genio tattico d'Annibale, la causa più importante della disfatta romana a Canne: gli intenti dei due consoli erano opposti riguardo prendere l'iniziativa o meno: Emilio non voleva scendere in campo contro Annibale, ma a questo bastò far assalire dalla propria cavalleria numidica i Romani che attingevano l'acqua sulla riva opposta del fiume, per far ordinare a Varrone, il giorno dopo, di schierare tutte le legioni in campo.
- legati: ufficiali aggiunti, di solito nominati dal Senato in seguito alle proposte del comandante, che affiancavano ed assistevano.
- 60 centuriones: comandanti delle centurie, nominati dai tribuni e provenienti dalle truppe, erano ufficiali subalterni (duces minores). Ogni manipolo ne contava due: il centurione che comandava la centuria di destra, centurio prior, comandava tutto il manipolo e quindi aveva ai suoi ordini il centurione della centuria di sinistra, centurio posterior. Gli hastati erano agli ordini di 10 centuriones priores e 10 centuriones posteriores, e così i principes ed i triarii. Il grado più elevato fra i centuriones priores era tenuto dal centurione del primo manipolo dei triarii, detto primus pilus.
- 60 optiones: comandanti in seconda della centuria.
- 30 decuriones: in ogni turma dì 30 cavalieri c'erano 3 decurioni, dei quali il più anziano comandava la turma.
- 12 praefecti alae: alti ufficiali romani, 6 per ognuna delle due alae (ala dextra, ala sinistra), in cui erano aggregati i contingenti degli alleati, inquadrati in cohortes di fanteria e in turmae di cavalleria.

Schieramento dei manipoli .
La legione manipolare si schierava, in profondità, su tre linee, distanziate fra loro di circa 40 m; su ciascuna linea si disponevano i manipoli e precisamente sulla prima linea i 10 manipoli degli hastati, sulla seconda linea i 10 manipoli dei principes e sulla terza linea i 10 manipoli dei triarii. I manipoli, che presentavano in genere 20 soldati di fronte e 6 o 3 in profondità, si schieravano a scacchiera, gli uomini si disponevano a distanza di un metro l'uno dall'altro per avere libertà di movimento ed evitare di ferirsi accidentalmente in battaglia.
Fra i manipoli degli hastati venivano lasciati degli intervalli, che corrispondevano alla fronte dei manipoli stessi, circa 18 m; i manipoli dei principes non erano collocati dietro a quelli degli hastati, ma dietro ai loro intervalli, ed i manipoli dei triarii erano collocati dietro agli intervalli dei principes. Così che, nel caso gli hastati, dopo il lancio preliminare del pilum, avessero la peggio nei duelli corpo a corpo con il nemico, ripiegavano, passando attraverso gli intervalli dei principes, mentre questi avanzavano attraverso gli intervalli lasciati fra i manipoli degli hastati. I triarii, i più esperti e valorosi, inizialmente inginocchiati, avanzavano all'assalto solo quando anche i principes non erano in grado di decidere le sorti della battaglia, onde il modo di dire: "res redit ad triarios" (la battaglia è ridotta ai triari) per indicare una situazione gravissima. Allorché i triarii avanzavano sul davanti, gli hastati ed i principes si ritiravano alle loro spalle; la carica improvvisa di truppe fresche armate efficacemente come i triarii causava notevole scompiglio nei ranghi nemici. Questa disposizione a scacchiera poteva però essere modificata, qualora le circostanze lo richiedessero.
La cavalleria era schierata in prima linea, ai due lati dei manipoli degli hastati; gli armati alla leggera combattevano sparsi e servivano a molestare il nemico prima che cominciasse il combattimento.

Riforma di Gaio Mario. Ordinamento per coorti.
L'estendersi dei fronti di guerra ed il numero sempre maggiore delle popolazioni nemiche resero necessario porre in campo sempre più legioni. Dalle 2 legioni che costituivano di regola l'esercito consolare romano, si era passati a 4 legioni (2 per ogni console) durante la seconda guerra sannitica (fine IV sec. a.C.), che rimase il numero usuale dell'esercito romano, anche se eccezionalmente, come per esempio durante la guerra annibalica (fine III sec. a.C.), furono arruolate fino a 23 legioni.
I soldati continuavano ad essere reclutati in base al censo, anche se il reddito minimo veniva sempre più abbassato onde permettere ai meno abbienti di prestare servizio militare. Fu Gaio Mario (fine II sec. a.C.) ad abolire il vecchio sistema del reclutamento per censo e ad arruolare tutti i volontari in possesso della cittadinanza romana e di qualità fisiche, anche appartenenti alle popolazioni italiche. I soldati e l'esercito divennero di mestiere, devoti ai loro comandanti.
La tradizione attribuisce a Gaio Mario anche la creazione di un'unità tattica più serrata del manipolo, la cohors, coorte, di 600 uomini, formata dall'unione di 3 manipoli, uno di hastati, uno di principes, uno di triarii, portati ciascuno a 200 uomini. La legione venne divisa pertanto in 10 coorti, numerate da I a X, e gli effettivi salirono a 6.000.
Tutti gli effettivi della legione coortale erano dì fanteria pesante. I veliti infatti furono aboliti e le truppe leggere furono costituite dagli ausiliari. Venne meno la distinzione di età e di armamento fra hastati, principes e triarii, che ebbero tutti il pilum ed il gladius. Successivamente, la forza della legione coortale si stabilizzò sui 5.000 armati.
Lo schieramento normale delle coorti era su tre linee, a scacchiera, simile a quello dei manipoli, con gli intervalli fra coorte e coorte, attraverso cui le unità tattiche della seconda e terza linea potevano avanzare e porsi in prima linea, qualora fosse necessario.
Giulio Cesare modificò lo schieramento cambiando di posto le coorti dell'ultima linea e disponendole là dove ce ne fosse bisogno (vedi battaglia di Farsalo)
La divisione delle coorti rimase invariata per tutto l'impero; soltanto la prima coorte di ogni legione ebbe un numero doppio d'uomini, 1.000, e fu detta pertanto cohors millenaria, mentre le altre nove coorti, di 500 uomini, erano dette cohortes quingenarie. Lo schieramento continuò a essere quello a scacchiera, ma le coorti erano disposte solo su due linee: alla destra della prima linea la I coorte e immediatamente dietro a questa la IV.
Al tempo di Augusto vi erano 25 legioni, stanziate fuori Italia e nelle province, dove lo richiedevano la difesa dei confini o la sicurezza interna.

Modifiche successive alla legione.
Il cambiamento più importante delle legioni fu senz'altro l'arruolare sempre più cavalieri all'interno di questa: poche persone volevano fare il soldato, molti imperatori infatti obbligarono i grandi proprietari terrieri ad arruolare parte degli schiavi dediti a lavorare i campi e le reclute venivano marchiate a fuoco per evitare diserzioni; erano lontani i tempi in cui la più grande aspirazione fra i cittadini era combattere per Roma!
La cavalleria assunse un ruolo sempre più determinante sia perchè i legionari, essendo per lo più barbari, non dimostravano più quell'abilità nel combattere e quella disciplina di un tempo, sia perchè la cavalleria era molto più mobile e, inoltre, gli eserciti barbari del IV-V secolo d.C. erano dotati di abilissimi guerrieri a cavallo.
Altra modifica molto importante all'interno dell'esercito romano fu l'arruolamento di speciali legionari addestrati come schermagliatori (dotati quindi di giavellotti ed armatura leggera), che erano chiamati lanciarii (IV secolo d.c.).

LA TRASMISSIONE DEGLI ORDINI SUL CAMPO DI BATTAGLIA


In primo luogo ogni soldato doveva seguire con gli occhi il proprio stendardo di legio. Ogni Legione aveva sullo stendardo l'aquila romana (adorata come una reliquia) e portata da un Aquilifer. Ogni manipolo (raggruppamento di due centurie) possiedeva un Signum, portato da un Signifer, che indicava il cammino da seguire nella marcia o nella battaglia. La cavalleria, invece, era condotta dal Uexillum, portato da un'Uexilliarius.
In secondo luogo,i soldati dovevano seguire i comandi sonori, la voce dei superiori ma anche il suono delle trombe e dei corni. La musica degli strumenti serviva per la sveglia, il cambio della guardia ma, principalmente, per la tattica da seguire in battaglia.
In campo venivano utilizzati tre strumenti:
- tuba: la tromba dritta destinata a tutti gli uomini; Essa dava il segnale di partenza dal campo così come quello di avanzata e ritirata.
- cornu: il corno, ovvero una tuba ricurva e rinforzata da una barra metallica. Serviva per i portatori d'insegne (Signa)
· bucina: una tuba più corta e con un disegno leggermente più arcuato.
·
Normalmente, il suono delle trombe e dei corni indicava il momento per scagliare l'assalto al nemico, ma la battaglia era scandita in ogni istante dai segnali dell'uno e dell'altro strumento, per indicare lo spostamento dei manipoli, l'avvicendarsi della cavalleria, l'attacco dell'artiglieria, ecc.

Ecco un esempio di musica da battaglia. Si tratta della marcia della IX Legione Hispania, che per prima oltrepassò il Vallo di Adriano verso Nord. La leggenda narra che questo eroico manipolo di uomini non fu mai più visto. Gli strumenti utilizzati sono Tuba, Tympana e Utriculus.





aggiungi questa pagina ai preferiti aggiungi ai preferiti imposta progettovidio come pagina iniziale imposta come pagina iniziale  torna su

per approfondire contatta

Roberto Narducci

tutto il materiale presente su questo sito è a libera disposizione di tutti, ad uso didattico e personale, non profit/no copyright --- bukowski

  HOMEPAGE

  SEGNALA IL SITO

  FAQ 

  GUESTBOOK

  NEWSGROUP

%  SPECIAL THANKS  %
Signa Inferre



ideatore, responsabile e content editor NUNZIO CASTALDI (bukowski)
powered by uapplication.com

Licenza Creative Commons
i contenuti di questo sito sono coperti da Licenza Creative Commons