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Gneo Nevio

--- Campania? 270 ca - Utica 201 a.C. ---

 

Vita.


Intellettuale-scrittore politicizzato. "Civis" romano, ma "sine iure suffragii" (ovvero, senza diritto di voto nelle assemblee di Roma, e ciò in quanto propriamente campano, e non romano), N. combatté nella I guerra punica (264-241). Probabilmente era un plebeo di nascita e questo spiega il fatto delle sue frequenti sortite politiche antinobiliari: non abbiamo inoltre indizi che si appoggiasse a protettori aristocratici, come invece nel caso dei rapporti Ennio-Nobiliore ed Andronico-Salinatore. Si sospetta che fosse stato incarcerato per certe allusioni contenute nei suoi drammi, soprattutto contro la potente famiglia dei Metelli: famosissimo, a riguardo, l'aneddoto del suo famoso, ambiguo saturnio "fato Metelli Romae fiunt consules" (traducibile sia in "E' destino di Roma che i Metelli siano fatti consoli" che in "E' sventura di Roma…"); ad esso, i Metelli avrebbero risposto con un saturnio divenuto altrettanto famoso: "dabunt malum Metelli Naevio poetae". Morì durante l'esilio, forse volontario, in Africa (dove ebbe anche occasione di trarre materiale per il suo capolavoro epico).

N. è il primo letterato latino di nazionalità romana, e ci appare anche come il primo letterato latino vivacemente inserito nelle vicende contemporanee. Fece recitare la sua prima rappresentazione nel 235.

Opere "minori".

Titoli e trame. Di N. conosciamo: 2 praetexte (tragedie di ambientazione romana), il "Romulus" (sulla mitica fondazione di Roma) e il "Clastidium" (celebrazione di Marco Claudio Marcello, vincitore degl'Insubri nella decisiva battaglia omonima, nella guerra di Gallia); almeno 6 tragedie mitologiche: "Equos troianus" (l'argomento piaceva ai romani), "Lesiona" (altra leggenda relativa alle catastrofi troiane), "Hector proficiscens", "Iphigenia" (probabilmente un'"Ifigenia in Tauride"), "Danae" e "Lycurgus", (rappresentazione dionisiaca senza alcun dubbio in rapporto col diffondersi del culto di Bacco nell'Italia meridionale e nel Lazio durante gli ultimi decenni del III sec.); 1 commedia, la "Tarentilla" ("La ragazza di Taranto"), ossia il ritratto di una ragazza civettona; ma ci rimangono almeno altri 27 titoli, purtroppo con soltanto un'ottantina di frammenti, per un totale di 125 versi, non pochi incompleti.

N. comico e tragico. Nel teatro N. fu un innovatore: introdusse per primo la novità delle "praetextae", e alla sua famigerata "libertà di parola e di pensiero" aggiunse, sempre per primo, e in modo "sistematico", l'espediente della "contaminatio" (commedie ibride di elementi o scene desunte da più modelli greci), che tanta fortuna avrà nella successiva produzione teatrale latina.

E' un peccato, poi, aver perso le opere comiche di N.: egli, molto probabilmente fu, infatti, poeta più grande nella commedia che nella tragedia: usò, nei suoi intrecci e soprattutto nel suo linguaggio, una "fantasia" [A. Traina] tale (secondo alcuni, paragonabile addirittura ai testi plautini) che gli antichi - nel loro particolare "canone" - gli conferirono, in quel genere, la palma del terzo posto, dopo lo stesso Plauto e Cecilio Stazio.

Bellum Poenicum: contenuti struttura e considerazioni.

Contenuti e struttura. Ma il capolavoro è, ovviamente, il "Carmen belli Poenici", meglio conosciuto come "Bellum Poenicum" ("Guerra punica"), scritto in saturni, probabilmente durante la vecchiaia, intorno al 209 (nel momento in cui l'Italia era per gran parte occupata dalle truppe di Annibale o, quanto meno, minacciata dalle imprese del cartaginese) e comprendente circa 4000/5000 versi, aventi come argomento appunto la I guerra punica: in origine era un lungo carme, e solo in seguito (II sec. a.C.) venne diviso in 7 libri.

I frammenti che possediamo dell’opera sono brevi, ma relativamente numerosi (una settantina), e consentono comunque di farsi una qualche idea d'insieme di questo, ch'è il primo esempio di epica storica romana.

Una vicenda d'attualità storica, ma intessuta di mito e di religiosità. Ne evinciamo che il poeta non si limita a trattare in poesia le vicende della guerra cartaginese, ma, con un salto temporale non indifferente, affonda nella preistoria di Roma: N. ad es. parla, nei primi canti (l' "archeologia" del poema, come viene denominata), con certa ampiezza dell'impresa di Enea, considerato il fondatore di Roma, e dei suoi amori con la regina Didone, la fondatrice di Cartagine. Il nostro utilizzò questa storia drammatica per spiegare la rivalità mortale che opponeva Roma a Cartagine. Il suo scopo è di mostrare che il fato è dalla parte di Roma; ciò assumeva grande importanza negli anni oscuri della II guerra punica: Roma riceveva così dal suo poeta una duplice certezza: che gli dèi erano con lei, e che le passate vittorie su Cartagine garantivano il successo finale.

Modello greco, ma ispirazione profondamente romana. Pur mantenendo di fondo un'ispirazione nazionale al poema, N. non si stacca troppo dalla tradizione letteraria greca: nel "Bellum Poenicum" si intrecciano, come visto, una storia di viaggi e una storia di guerra, quasi a simboleggiare l'Odissea e l'Iliade. Sicuro è che non vi era, però, narrazione continua: mito di fondazione e storia "contemporanea" si fronteggiavano dunque in blocchi distinti. Anche certi aspetti, come ad es. le figure di suono, presuppongono un'originale mescolanza di cultura romana e greca nel testo.

Ma mentre l' "Odyssia" di Livio era a suo modo ispirata dalla tradizione italica, il "Bellum Punicum" è più profondamente romano. Sono cambiate le circostanze: Roma non è più l'arbitro dell'Italia, ma una città che lotta per la sua stessa esistenza, e questo restringimento dei suoi orizzonti provoca un accesso di nazionalismo, di cui l'esaltazione storica degli eroi nazionali è una manifestazione palese. E’ non a caso anche il momento, come abbiamo visto, in cui si forma - anche e soprattutto per opera del nostro autore - la tragedia "praetexta", simbolo quasi di una nuova orgogliosa consapevolezza della propria identità "nazionale".

N. innovatore e precursore. Dunque, la storia recente diventava, per la prima volta, con N., materia di poesia in un'opera originale, "nuova" ma non "primitiva" (presenta, come visto, complessità di struttura, ricercatezza stilistica e significativi punti di contatto con la produzione alessandrina), mediante la stilizzazione epica e la presenza dell'elemento mitico-religioso: questi elementi fanno a buon diritto di N. epico il precursore di Virgilio epico, ammirato ancora da Cicerone.


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