|  
             Vita. 
            Nulla si sa di lui, tranne che fu dei "quidecemviri 
              sacris faciundis", preposto cioè all'organizzazione dei ludi 
              secolari e all'interpretazione dei libri sibillini. La sua attività 
              si compie, comunque, sotto l'impero di Domiziano, secondo la testimonianza 
              di Quintiliano. Non visse abbastanza a lungo per portare a termine 
              il suo capolavoro. 
            Opera 
              e considerazioni. 
            In tacita polemica con Lucano, che aveva trattato 
              un tema d’attualità, F. tornò al mito e scrisse un 
              poema epico mitologico in esametri, dedicato a Vespasiano: "Argonautica" 
              ("Storie degli Argonauti"), iniziato verso l’80, ma interrotto bruscamente 
              al libro VIII.  
            La materia, derivata liberamente dall’omonimo poema 
              di Apollonio Rodio, racconta la conquista del vello d’oro (e nell’enfasi 
              sul dominio del mare, contenuta soprattutto nel proemio, c’è 
              forse un riferimento all’ideologia vespasiana) e la passione di 
              Medea per Giàsone; nella seconda parte del poema, poi, F. 
              - distaccandosi dal mito - inserisce una vicenda bellica (guerra 
              contro Perse): la struttura narrativa dell'opera viene così 
              a riprodurre sostanzialmente quella bipartita dell' "Eneide": alla 
              narrazione del viaggio segue quella della guerra e delle altre vicende 
              in Colchide.  
            Proprio questa sottesa "ispirazione" virgiliana 
              spinge il nostro ad una poetica, come dire, "reazionaria", nell’apparato 
              mitologico e divino e nell’impostazione edificante. Nei punti, invece, 
              in cui egli segue da vicino il testo greco, la sua rielaborazione 
              appare guidata dalla ricerca dell’effetto, per ottenere il coinvolgimento 
              emotivo del lettore. 
            L'elemento romano è rappresentato, se vogliamo, 
              dal tentativo del poeta di comparare l'impresa degli Argonauti a 
              quella di Vespasiano che esplora i mari intorno alla Bretagna. Più 
              sensibilmente stoica di quanto non fosse già in Virgilio, 
              è poi la presenza di Giove come provvidenza, aspetto per 
              il quale F. subiva l'influenza del pensiero contemporaneo. E’ evidente, 
              inoltre, che il poeta ha conosciuto e apprezzato le tragedie romane, 
              in modo particolare, forse, quelle di Seneca. Come quest'ultimo, 
              si mostra sensibile alla poesia "cosmica" (le evocazioni del cielo 
              stellato, dei venti, del mare sono introdotte non tanto come forme 
              spettacolari, quanto come presenze di forze naturali).  
            Discepolo dei poeti tragici, F. lo è pure 
              nelle sue motivazioni "soggettive" e psicologiche (il che fa pensare 
              anche a Lucano), e nel dar valore all'eroe (Giàsone, ma anche 
              Medea, ecc.) quale eroe "universale", mentre nell' "Eneide" esso 
              era collegato maggiormente al suo contesto religioso e sociale. 
            Questa poesia "riflessa" ed elaborata – talora 
              "manieristica" – rischia a volte di disperdersi sotto tali molteplici 
              spinte, non sempre armonizzate: ma se F. fallisce spesso nella creazione 
              di strutture narrative articolate, al contrario riesce elegante 
              e raffinato nel particolare, nel dettaglio descrittivo, nella notazione 
              appunto psicologica. Da tutto ciò, risulta un testo narrativo 
              assai difficile, spesso oscuro, che si caratterizza come estremamente 
              dotto anche per quanto riguarda la sua destinazione di pubblico. 
             
              ...:::Bukowski:::...  
           |